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Ecco cosa accade poco prima e poco dopo la morte
4/23/2019, 00:28 Da Lancillotto2013
Esperienze di morte con ritorno di alcune persone.
Se la morte è una delle poche certezze della vita, uno dei misteri antropologici che da sempre …
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Se la morte è una delle poche certezze della vita, uno dei misteri antropologici che da sempre …
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Strani eventi
7/25/2021, 19:17 Da Lancillotto2013
L'altra settimana stavo spiegando la Trimurti e i compiti, ei pregi e i difetti dei 3 Dei principali che sono adorati da varie religioni con nomee …
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nuova registrazione + foto..
5/24/2019, 10:29 Da kardec
salve a tutti..l'altro giorno abbiamo provato a fare una nuova registrazione,dopo che la mia compagna ha posto la domanda,si sente una voce che …
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Interferenze
8/26/2019, 13:40 Da VannaGio
Ciao a tutti, questa mattina mi è successa una cosa alquanto strana. Inizio con il dire che ho perso mia nonna circa un mese fa. Come dicevo questa …
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Assemblea sull'acqua
6/26/2019, 23:47 Da Lancillotto2013
Dopo lunga e molto dura e anche accesa assemblea sull'acqua potabile e l'acqua addolcita in condominio, da mettere sulla condotta generale, cosa …
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nuovo evp
2/19/2019, 22:54 Da kardec
salve ragazzi,dopo tanto tempo siamo riusciti ( o almeno credo ) di aver registrato un nuovo evp!
la registrazione di questo video,l'abbiamo decisa …
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Cibo sacro
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Cibo sacro
il cibo è, per gran parte delle religioni, un valore oltre che una sostanza o un prodotto: ieri come oggi, i fedeli riconoscono nel mangiare e nel bere azioni cariche di un forte significato religioso.
Abituati come siamo a consumare il cibo in fretta, da soli, in piedi e spesso compiendo contemporaneamente altre azioni, le religioni ci ricordano uno stile di vita completamente diverso da quello odierno. Le religioni considerano il cibo un dono del divino e/o della natura, il che dovrebbe richiamare tutti alla consapevolezza del nutrirsi, a non dare per scontata la disponibilità del cibo e a non ridurre i pasti a una successione di gesti automatici. Numerose sono le azioni di lode, benedizione, ringraziamento e preghiera sul cibo e per il cibo.
Inoltre tra le pratiche alimentari che accomunano diverse religioni troviamo, nelle loro specificità, l’invito all’astinenza e al digiuno.
Come il consumo di cibo, anche la rinuncia ad esso ha un valore sacrale e spesso comunitario: è incontro con il divino e unione con gli altri credenti. Oltre alla condivisione di un pasto, ai fedeli viene anche richiesto infatti di rispettare insieme un tempo di digiuno, in cui si porta attenzione al sacro e all’appartenenza a una collettività durante il vivere quotidiano. Spesso si pone anche l’accento sulla consapevolezza che il cibo è un dono che molti non hanno; sentire la fame può aiutare a essere più generosi con chi non può permettersi neppure un pasto al giorno.
Anche le festività sono l’occasione per ricordare che l’uomo vive in uno spazio e in un tempo in cui si relaziona in qualche modo con la divinità . Esse sono però, al tempo stesso, un invito a non dimenticare l’opera del creato e gli impegni che gli uomini hanno verso ciò che li circonda.
Nelle feste è quindi presente una vera e propria specificità alimentare, che contraddistingue il menù festivo dal consumo di cibo quotidiano. Gli alimenti consumati quindi rimandano spesso al significato religioso della festività e/o ai cibi indicati nei testi sacri.
Vediamo ora alcune valenze simboliche che le religioni più diffuse al mondo danno al cibo in generale o ad alcuni alimenti in particolare.
menorah
L’Ebraismo, oltre a osservare norme e precetti alimentari specifici, dà molta importanza all’obbligo di ringraziare Dio per il cibo donato:
Mangerai dunque e ti sazierai, e benedirai l’Eterno, il tuo Dio, a motivo del buon paese che t’avrà dato. (Deuteronomio 8, 10)
Oltre alla benedizione quotidiana sul cibo, la berakah, troviamo anche cibi che hanno un valore simbolico specifico durante alcune festività.
Ad esempio, durante la festa del Pesah, il menù ebraico rappresenta, in ogni sua componente, la memoria fondativa del popolo ebraico. La Pasqua ebraica cade il quindicesimo giorno di Nisan, in marzo o aprile.
Questa festa antichissima celebra l’esodo degli ebrei dalla schiavitù di Egitto, che condusse alla creazione della nazione ebraica. Fuggendo dall’Egitto, gli ebrei non ebbero il tempo di far lievitare il pane e anche ora gli osservanti mangiano solo matzot, o altro pane non lievitato.
La prima e la seconda notte di Pesah sono celebrate dal Seder, un rituale in cui viene rievocata la storia della Pasqua e viene servita una cena importante. Sulla tavola compare un vassoio con una zampa di agnello, simbolo sacrificale per eccellenza dal celebre il passo della Bibbia che vede Abramo immolare l’animale in luogo del figlio Isacco, un uovo sodo strinato sulla fiamma e immerso dall’acqua salata, in ricordo della schiavitù egiziana, un gambo di sedano, un rametto di prezzemolo e verdure intinte nell’acqua salata, in ricordo delle lacrime versate in Egitto, un composto di noci, mele e miele, in ricordo degli ebrei che fabbricavano mattoni, radici ed erbe amare, in ricordo della perdita della libertà.
Il sabato, lo Shabbat, si celebra un rito chiamato Kiddush in cui si rende grazie a Dio per l’opera della creazione. Durante il Kiddush si benedicono il vino e la challah, una treccia di pasta dolce tipo pan brioche, che viene consumata durante lo shabbat. Il vino è il simbolo della gioia e dell’immortalità, mentre la challah ricorda la manna che il Signore diede agli ebrei nel deserto.
Anche nel capodanno ebraico, il Rosh Hashannah, in cui si usano fare grandi cene, si servono tradizionalmente cibi dolci come fette di mela nel miele, per evocare la speranza di un anno dolce a venire.
La Festa dei Tabernacoli, Sukkot, il quindicesimo giorno di Tishri, commemora il periodo in cui gli ebrei vagavano nel Sinai e dormivano in capanne. Quattro sono le piante simboliche: il cedro, i germogli di palma, il mirto ed il salice.
Nella festa di Hannukah, la festa delle luci che celebra la vittoria degli ebrei guidati da Giuda Maccabeo sui Siriani del re Antioco Epifane, nel 165 a.C.. Al ritorno a Gerusalemme, Giuda trovò il tempio sconsacrato da rituali pagani, ma il poco olio (di oliva) santo rimasto nel candelabro (menorà) bruciò miracolosamente per otto giorni, quando teoricamente sarebbe bastato per molto meno. Ancora oggi vengono accese giorno per giorno le otto luci della lampada di hannukah.
L’olio si ritrova anche in cucina, dove domina la frittura. Esso è una forte metafora della Torah e dell’ebraismo in generale: resta separato dagli altri liquidi, anche se mischiato nello stesso recipiente, mantiene la sua purità. Così come gli ebrei che, pur vivendo nella diaspora, hanno mantenuto salde le loro radici senza mescolarsi o assimilarsi. L’olio di oliva possiede inoltre la proprietà di permeare ogni sostanza, come la Torah, che si diffonde e permea ogni cosa.
La festa di Purim rievoca la liberazione degli ebrei di Persia grazie a Ester, ebrea, moglie del re di Persia, e Mordecai (o Mardocheo) da un complotto progettato da Haman – ministro del monarca persiano – per sterminarli. La tradizione vede lo scambio di regali culinari, per lo più dolciumi. Un esempio sono Le orecchie di Haman, variante delle chiacchere (o frappe, o cenci o crostoli…) di Carnevale e, nella tradizione aschenazita padana, il Mandel Reis, biancomangiare di riso.
Shavuot è la festa del raccolto che celebra la consegna dei dieci comandamenti a Mosè sul monte Sinai. Dal punto di vista gastronomico la Pasqua di Rose, come la chiamano gli ebrei italiani, è la festa del pane e dei prodotti di magro derivati dal latte. Tra i dolci figura il “Monte Sinai”, marzapane con uova filate e cedri canditi, profumato all’acqua di fiori d’arancio.
Gli ebrei digiunano in varie occasioni; quello più conosciuto e praticato è il digiuno di Yom Kippur, di cui si trova menzione già nella Torah ( Levitico 16, 29-31; 27-32; Numeri 29,7).
Inizia al crepuscolo del decimo giorno del mese ebraico di Tishri (che cade tra settembre e ottobre del calendario gregoriano) e continua fino alle prime stelle della notte successiva.
È il giorno ebraico della penitenza, dell’espiazione dei peccati e della riconciliazione.
È proibito mangiare, bere, lavarsi, truccarsi, indossare scarpe di pelle ed avere rapporti sessuali.
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Abituati come siamo a consumare il cibo in fretta, da soli, in piedi e spesso compiendo contemporaneamente altre azioni, le religioni ci ricordano uno stile di vita completamente diverso da quello odierno. Le religioni considerano il cibo un dono del divino e/o della natura, il che dovrebbe richiamare tutti alla consapevolezza del nutrirsi, a non dare per scontata la disponibilità del cibo e a non ridurre i pasti a una successione di gesti automatici. Numerose sono le azioni di lode, benedizione, ringraziamento e preghiera sul cibo e per il cibo.
Inoltre tra le pratiche alimentari che accomunano diverse religioni troviamo, nelle loro specificità, l’invito all’astinenza e al digiuno.
Come il consumo di cibo, anche la rinuncia ad esso ha un valore sacrale e spesso comunitario: è incontro con il divino e unione con gli altri credenti. Oltre alla condivisione di un pasto, ai fedeli viene anche richiesto infatti di rispettare insieme un tempo di digiuno, in cui si porta attenzione al sacro e all’appartenenza a una collettività durante il vivere quotidiano. Spesso si pone anche l’accento sulla consapevolezza che il cibo è un dono che molti non hanno; sentire la fame può aiutare a essere più generosi con chi non può permettersi neppure un pasto al giorno.
Anche le festività sono l’occasione per ricordare che l’uomo vive in uno spazio e in un tempo in cui si relaziona in qualche modo con la divinità . Esse sono però, al tempo stesso, un invito a non dimenticare l’opera del creato e gli impegni che gli uomini hanno verso ciò che li circonda.
Nelle feste è quindi presente una vera e propria specificità alimentare, che contraddistingue il menù festivo dal consumo di cibo quotidiano. Gli alimenti consumati quindi rimandano spesso al significato religioso della festività e/o ai cibi indicati nei testi sacri.
Vediamo ora alcune valenze simboliche che le religioni più diffuse al mondo danno al cibo in generale o ad alcuni alimenti in particolare.
menorah
L’Ebraismo, oltre a osservare norme e precetti alimentari specifici, dà molta importanza all’obbligo di ringraziare Dio per il cibo donato:
Mangerai dunque e ti sazierai, e benedirai l’Eterno, il tuo Dio, a motivo del buon paese che t’avrà dato. (Deuteronomio 8, 10)
Oltre alla benedizione quotidiana sul cibo, la berakah, troviamo anche cibi che hanno un valore simbolico specifico durante alcune festività.
Ad esempio, durante la festa del Pesah, il menù ebraico rappresenta, in ogni sua componente, la memoria fondativa del popolo ebraico. La Pasqua ebraica cade il quindicesimo giorno di Nisan, in marzo o aprile.
Questa festa antichissima celebra l’esodo degli ebrei dalla schiavitù di Egitto, che condusse alla creazione della nazione ebraica. Fuggendo dall’Egitto, gli ebrei non ebbero il tempo di far lievitare il pane e anche ora gli osservanti mangiano solo matzot, o altro pane non lievitato.
La prima e la seconda notte di Pesah sono celebrate dal Seder, un rituale in cui viene rievocata la storia della Pasqua e viene servita una cena importante. Sulla tavola compare un vassoio con una zampa di agnello, simbolo sacrificale per eccellenza dal celebre il passo della Bibbia che vede Abramo immolare l’animale in luogo del figlio Isacco, un uovo sodo strinato sulla fiamma e immerso dall’acqua salata, in ricordo della schiavitù egiziana, un gambo di sedano, un rametto di prezzemolo e verdure intinte nell’acqua salata, in ricordo delle lacrime versate in Egitto, un composto di noci, mele e miele, in ricordo degli ebrei che fabbricavano mattoni, radici ed erbe amare, in ricordo della perdita della libertà.
Il sabato, lo Shabbat, si celebra un rito chiamato Kiddush in cui si rende grazie a Dio per l’opera della creazione. Durante il Kiddush si benedicono il vino e la challah, una treccia di pasta dolce tipo pan brioche, che viene consumata durante lo shabbat. Il vino è il simbolo della gioia e dell’immortalità, mentre la challah ricorda la manna che il Signore diede agli ebrei nel deserto.
Anche nel capodanno ebraico, il Rosh Hashannah, in cui si usano fare grandi cene, si servono tradizionalmente cibi dolci come fette di mela nel miele, per evocare la speranza di un anno dolce a venire.
La Festa dei Tabernacoli, Sukkot, il quindicesimo giorno di Tishri, commemora il periodo in cui gli ebrei vagavano nel Sinai e dormivano in capanne. Quattro sono le piante simboliche: il cedro, i germogli di palma, il mirto ed il salice.
Nella festa di Hannukah, la festa delle luci che celebra la vittoria degli ebrei guidati da Giuda Maccabeo sui Siriani del re Antioco Epifane, nel 165 a.C.. Al ritorno a Gerusalemme, Giuda trovò il tempio sconsacrato da rituali pagani, ma il poco olio (di oliva) santo rimasto nel candelabro (menorà) bruciò miracolosamente per otto giorni, quando teoricamente sarebbe bastato per molto meno. Ancora oggi vengono accese giorno per giorno le otto luci della lampada di hannukah.
L’olio si ritrova anche in cucina, dove domina la frittura. Esso è una forte metafora della Torah e dell’ebraismo in generale: resta separato dagli altri liquidi, anche se mischiato nello stesso recipiente, mantiene la sua purità. Così come gli ebrei che, pur vivendo nella diaspora, hanno mantenuto salde le loro radici senza mescolarsi o assimilarsi. L’olio di oliva possiede inoltre la proprietà di permeare ogni sostanza, come la Torah, che si diffonde e permea ogni cosa.
La festa di Purim rievoca la liberazione degli ebrei di Persia grazie a Ester, ebrea, moglie del re di Persia, e Mordecai (o Mardocheo) da un complotto progettato da Haman – ministro del monarca persiano – per sterminarli. La tradizione vede lo scambio di regali culinari, per lo più dolciumi. Un esempio sono Le orecchie di Haman, variante delle chiacchere (o frappe, o cenci o crostoli…) di Carnevale e, nella tradizione aschenazita padana, il Mandel Reis, biancomangiare di riso.
Shavuot è la festa del raccolto che celebra la consegna dei dieci comandamenti a Mosè sul monte Sinai. Dal punto di vista gastronomico la Pasqua di Rose, come la chiamano gli ebrei italiani, è la festa del pane e dei prodotti di magro derivati dal latte. Tra i dolci figura il “Monte Sinai”, marzapane con uova filate e cedri canditi, profumato all’acqua di fiori d’arancio.
Gli ebrei digiunano in varie occasioni; quello più conosciuto e praticato è il digiuno di Yom Kippur, di cui si trova menzione già nella Torah ( Levitico 16, 29-31; 27-32; Numeri 29,7).
Inizia al crepuscolo del decimo giorno del mese ebraico di Tishri (che cade tra settembre e ottobre del calendario gregoriano) e continua fino alle prime stelle della notte successiva.
È il giorno ebraico della penitenza, dell’espiazione dei peccati e della riconciliazione.
È proibito mangiare, bere, lavarsi, truccarsi, indossare scarpe di pelle ed avere rapporti sessuali.
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meviesther- Lettore
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Re: Cibo sacro
Era da sapere anche questa, la pizza ci rientra o solo il pane azimo?
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MAX- Ricercatore
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Re: Cibo sacro
Ho avuto la possibilità di mangiare il prasada del Signore Krishna per alcuni anni e vi assicuro che non esiste cibo più sublime 

Lavinia Stark- Neofita
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Data d'iscrizione : 16.02.23
A ANANDA piace questo messaggio.
Re: Cibo sacro
Ecco, quando vengono qui solo parole e parole, consigli e carezze ma ... mai nessuno che ti fà da mangiare.
Agli altri invece fanno i mangiarini .. e pure per anni e anni
.. sti avatara ..
Agli altri invece fanno i mangiarini .. e pure per anni e anni

.. sti avatara ..
_________________
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Colui che comprende creazione e dissoluzione, apparizione e scomparsa degli esseri, saggezza e ignoranza, deve essere chiamato Bhagavan. Le armi non fendono il Sé, il fuoco non lo brucia, non lo bagnano le acque ne lo secca il vento; Egli è detto il non manifesto, l'impensabile, immutabile, insondabile, impermeabile, non soggetto a Darma e Karma.
Lancillotto2013- Guru
- Messaggi : 3305
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Data d'iscrizione : 11.02.15

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