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Esistono i fantasmi?
4/5/2024, 14:10 Da brando34
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Da sempre e in ogni cultura c'è chi crede nei fantasmi, e ancora oggi c'è chi cerca di dimostrarne …
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4/23/2019, 00:28 Da Lancillotto2013
Esperienze di morte con ritorno di alcune persone.
Se la morte è una delle poche certezze della vita, uno dei misteri antropologici che da sempre …
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nuova registrazione + foto..
5/24/2019, 10:29 Da kardec
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Interferenze
8/26/2019, 13:40 Da VannaGio
Ciao a tutti, questa mattina mi è successa una cosa alquanto strana. Inizio con il dire che ho perso mia nonna circa un mese fa. Come dicevo questa …
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Assemblea sull'acqua
6/26/2019, 23:47 Da Lancillotto2013
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La verità sui "MIGRANTI"
+2
Eroe per Caso
elettra
6 partecipanti
Forum di Paranormale Misteri Meditazione Spiritualità Yoga e Psiche :: Politica Cultura Società - Eventi Internazionali
Pagina 1 di 1
La verità sui "MIGRANTI"
viseo [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]
Profugopoli. Quelli che si riempono le tasche con il business degli immigrati
La società che organizza corsi per buttafuori e addetti alle pompe funebri ed è controllata dal noto paradiso fiscale dell'isola di Jersey. L'ex consulente campano che con gli immigrati incassa 24.000 euro al giorno e gira in Ferrari. La multinazionale francese dell'energia. E l'Arcipesca di Vibo Valentia. Ecco alcuni dei soggetti che si muovono dietro il Grande Business dei Profughi: milioni e milioni di euro (denaro dei contribuenti) gestiti dallo Stato in situazione d'emergenza. E proprio per questo sfuggiti a ogni tipo di controllo. Dunque finiti in ogni tipo di tasca, più o meno raccomandabile. Si parla spesso di accoglienza e solidarietà, ma è sufficiente sollevare il velo dell'emergenza immigrazione per scoprire che dietro il paravento del buonismo si nascondono soprattutto gli affari. Non sempre leciti, per altro. Fra quelli che accolgono gli stranieri, infatti, ci sono avventurieri improvvisati, faccendieri dell'ultima ora, speculatori di ogni tipo. E poi vere e proprie industrie, che sulla disperazione altrui hanno costruito degli imperi economici: basti pensare che, mentre il 95 per cento delle aziende italiane fattura meno di 2 milioni di euro l'anno, ci sono cooperative che arrivano anche a 100 milioni e altre che in dodici mesi hanno aumentato il fatturato del 178 per cento. Profugopoli è un fiume di denaro che significa potere, migliaia di posti di lavoro, tanti voti.
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Profugopoli. Quelli che si riempono le tasche con il business degli immigrati
La società che organizza corsi per buttafuori e addetti alle pompe funebri ed è controllata dal noto paradiso fiscale dell'isola di Jersey. L'ex consulente campano che con gli immigrati incassa 24.000 euro al giorno e gira in Ferrari. La multinazionale francese dell'energia. E l'Arcipesca di Vibo Valentia. Ecco alcuni dei soggetti che si muovono dietro il Grande Business dei Profughi: milioni e milioni di euro (denaro dei contribuenti) gestiti dallo Stato in situazione d'emergenza. E proprio per questo sfuggiti a ogni tipo di controllo. Dunque finiti in ogni tipo di tasca, più o meno raccomandabile. Si parla spesso di accoglienza e solidarietà, ma è sufficiente sollevare il velo dell'emergenza immigrazione per scoprire che dietro il paravento del buonismo si nascondono soprattutto gli affari. Non sempre leciti, per altro. Fra quelli che accolgono gli stranieri, infatti, ci sono avventurieri improvvisati, faccendieri dell'ultima ora, speculatori di ogni tipo. E poi vere e proprie industrie, che sulla disperazione altrui hanno costruito degli imperi economici: basti pensare che, mentre il 95 per cento delle aziende italiane fattura meno di 2 milioni di euro l'anno, ci sono cooperative che arrivano anche a 100 milioni e altre che in dodici mesi hanno aumentato il fatturato del 178 per cento. Profugopoli è un fiume di denaro che significa potere, migliaia di posti di lavoro, tanti voti.
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elettra- Auditore
- Messaggi : 19
Punti : 71
Reputazione : 42
Data d'iscrizione : 23.08.16
Re: La verità sui "MIGRANTI"
Prima che sia troppo tardi
Dettagli Pubblicato: 10 Marzo 2017
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di Domenico Mortellaro
Sotto attacco. La Puglia si sveglia così alla fine di una settimana nera per quella che è l’agenda dell’ordine pubblico e del rapporto tra criminalità ed Istituzioni. Si è cominciato sabato scorso, col rogo nel ghetto della vergogna di Rignano Garganico appena sgomberato - eppure due migranti irriducibili, in quel rogo, ci sono rimasti - si è continuato con il tiro al bersaglio contro i blindati della Celere a San Severo, per proseguire con una ridda di attentati ed intimidazioni a sindaci, amministratori e candidati che ha colpito ad alzo zero su tutto il territorio regionale.
E se i fatti del Tavoliere, le pistolettate di San Severo ed il rogo del ghetto nulla hanno, concretamente, nulla a che fare con il rogo della casa del Sindaco di Ruvo di Puglia o con i proiettili recapitati al Sindaco di Terlizzi, se la bomba contro la casa del Sindaco di Peschici e le minacce alla candidata sindaco indipendente di Taranto sono episodi che tra loro non hanno nessun collegamento strutturale, è pur vero che valgono fin troppo bene ad illustrare un clima. Un clima torrido che denuncia una situazione delicatissima.
Le criminalità organizzate pugliesi, magmatiche e terribilmente distanti dalla obsoleta idea di “Quarta Mafia” strutturata come unicum su tutto il territorio regionale, stanno lanciando, in queste settimane, un guanto di sfida che suona come un ceffone in pieno volto alle Istituzioni. Quelle stesse Istituzioni che, per bocca del Sindaco di Bari Antonio Decaro, presidente ANCI, hanno festeggiato, neppure un mese or sono, probabilmente con troppa fretta e troppa sicumera, l’approvazione del “pacchetto Sicurezza” da parte del Governo.
Sarà il caso di riflettere concretamente, Sindaci ed Amministratori in primis, su questo pacchetto di riforme e su quanto davvero si possa ritenere adeguato a fronteggiare in determinati territori - e la Puglia non è seconda a Sicilia, Campania e Calabria - la criminalità organizzata.
Sarà il caso di riflettere davvero sulle parole del Premier Gentiloni e del Ministro Minniti, cui si è accodato anche il Presidente ANCI, Sindaco di Bari, Antonio Decaro. Siamo davvero un paese che ha semplicemente e solo “bisogno di sentirsi sicuro”? Davvero è tutta e solo una questione di “percezione”? Pensiamo sul serio di aver lasciato così bene e così efficacemente alle spalle alcune stagioni di piombo, tanto da poterci permettere un “pacchetto Sicurezza” che derubrichi le questioni a semplici interventi urbanistici di secondo livello come quelli relativi all’illuminazione o si accontenti di misure repressive rivolte alla criminalità di basso cabotaggio - abusivi della qualsiasi e imbrattatori su tutti?
In Puglia - come del resto nelle altre regioni ad alta densità mafiosa - di sicuro una risposta del genere è inefficace. Inutile, troviamo il coraggio di dirlo con onestà. Per alcuni tratti, addirittura pericolosa. Dovrebbe saperlo per bene e per primo proprio il Sindaco Antonio Decaro, Presidente ANCI, sotto scorta dall’anno passato per aver sfidato i clan durante la festa patronale in onore di San Nicola, vietando le “fornacelle” abusive e pretendendo di regolamentare la logistica ed il posizionamento degli ambulanti - centinaia di abusivi della bancarella da sempre gestiti e lottizzati dalla Camorra Barese. Dovrebbe saperlo per primo proprio lui, che in questi giorni ha a che fare, nella sua città, con una recrudescenza del conflitto tra i clan che, nelle periferie e nei quartieri popolari della città, oltre a fatti di sangue gravissimi, sta registrando punte di folklore macabro e segnali inquietantissimi di controllo totale dei territori.
Un pacchetto sicurezza fatto di lampioncini a led, allontanamento dal territorio per i graffitari ed i vandali e carcere per gli abusivi vale davvero a tenere al sicuro le comunità pugliesi - come del resto tutte quelle inquinate o condizionate da fenomeni mafiosi? Basta una misura del genere per contrastare chi si fa la guerra a caricatori interi di mitra, tra la gente, alle otto di sera? Bastano queste misure per intervenire, a Bari ad esempio, in un quartiere come il Libertà, dove gli arresti o la morte di un rivale sono festeggiati pubblicamente dai clan coi fuochi d’artificio? Ci bastano davvero queste misure? La sicurezza è davvero, di nuovo, derubricabile a “questione di feeling”, di sensazioni e percezioni?
O come, a San Severo, addirittura mercanteggiata coi poteri forti tanto da venir trasformata in spot elettorale con un Michele Emiliano, fin troppo impegnato nella allora ennesima battaglia interna al PD, nominato assessore alla legalità? Quanto si sarà pentito della scelta fatta allora, il Sindaco Miglio, mentre digiunava in attesa di essere ricevuto dal Ministro Minniti per potergli parlare della morsa serrata delle criminalità foggiane sulla sua città?
Val la pena rifletterci, in Puglia prima che altrove. Ed è necessario farlo adesso. Ora che organizzazioni criminali e delinquenti comuni o disperati pronti a tutto pesano le nostre Istituzioni, le percepiscono deboli e proprio per questo alzano il tiro, pronti a presentare una posta più alta. Nel Gargano per serrare interessi economici enormi su un territorio che sta conoscendo sviluppo e boom economico oppure a San Severo, dove i clan pretendono di dettare legge imponendo pizzo, spaccio e rapine.
A Ruvo o Terlizzi, nella provincia rurale del nord Barese, dove la crisi e la mancanza di prospettive convincono qualche disperato a tentare la carta della minaccia per protestare o pretendere. Oppure a Bari, dove la Camorra cittadina fa dell’illegalità e dell’abusivismo di sussistenza uno dei primi strumenti di costruzione del consenso nelle comunità periferiche o marginalizzate.
Vale la pena di rifletterci, cominciando proprio dai temi della marginalizzazione e della esclusione sociale. Perché è lì, non altrove, che i Sindaci possono e devono giocare la partita decisiva. Lì, lontano dall’applicazione della legge o dalle investigazioni, ben distanti dalla repressione - che non compete loro ma è materia per gli organi inquirenti e per le forze di polizia.
Ai Sindaci è demandato in primis il contatto col territorio. Ed allora è il caso che le amministrazioni scelgano di sfidare le mafie - ed in Puglia ce n’è, tutte diverse e tutte ben più che maggiorenni o neonate - proprio dove queste costruiscono consenso: nelle pieghe della marginalizzazione. Intervenendo sulle periferie con proposte concrete di prospettiva per i giovani e non con progetti di maquillage urbanistico o con elemosine elargite ad associazioni di terzo settore sempre più barricate in trincea, sempre più sole.
Le mafie si combattono, dalla parte delle Istituzioni, anche e soprattutto così: abbattendo i distacchi e rimuovendo le disparità - lo dice anche la Costituzione, fin quasi ad annoiare il lettore da quante avremmo dovuto colmarne - ricucendo gli strappi tra centri e periferie, sociali prima ed urbane poi, in modo concreto. Per dirla come la spiegherebbe un ragazzino dei “quartieri”: dando una ragione concreta a chi fa la vedetta di spaccio e lascia la scuola per la cinquanta euro al giorno, di lasciare la pistola e rimettere in spalla lo zainetto dei libri. Oppure imparare un mestiere, mettere in tasca una certificazione, un patentino, una “carta” spendibile concretamente ed in modo sano, pulito, nel mondo del lavoro.
Più che di “pacchetti sicurezza” buoni appena a rassicurare i più ingenui, non si può più rimandare un intervento concreto di questo tipo. Un intervento di ricucitura sociale, di creazione di prospettive di sviluppo concrete e percorribili. Sono questi i “pacchetti Sicurezza” che i Sindaci pugliesi dovrebbero pretendere. Prima che sia troppo tardi, davvero.
Dettagli Pubblicato: 10 Marzo 2017
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di Domenico Mortellaro
Sotto attacco. La Puglia si sveglia così alla fine di una settimana nera per quella che è l’agenda dell’ordine pubblico e del rapporto tra criminalità ed Istituzioni. Si è cominciato sabato scorso, col rogo nel ghetto della vergogna di Rignano Garganico appena sgomberato - eppure due migranti irriducibili, in quel rogo, ci sono rimasti - si è continuato con il tiro al bersaglio contro i blindati della Celere a San Severo, per proseguire con una ridda di attentati ed intimidazioni a sindaci, amministratori e candidati che ha colpito ad alzo zero su tutto il territorio regionale.
E se i fatti del Tavoliere, le pistolettate di San Severo ed il rogo del ghetto nulla hanno, concretamente, nulla a che fare con il rogo della casa del Sindaco di Ruvo di Puglia o con i proiettili recapitati al Sindaco di Terlizzi, se la bomba contro la casa del Sindaco di Peschici e le minacce alla candidata sindaco indipendente di Taranto sono episodi che tra loro non hanno nessun collegamento strutturale, è pur vero che valgono fin troppo bene ad illustrare un clima. Un clima torrido che denuncia una situazione delicatissima.
Le criminalità organizzate pugliesi, magmatiche e terribilmente distanti dalla obsoleta idea di “Quarta Mafia” strutturata come unicum su tutto il territorio regionale, stanno lanciando, in queste settimane, un guanto di sfida che suona come un ceffone in pieno volto alle Istituzioni. Quelle stesse Istituzioni che, per bocca del Sindaco di Bari Antonio Decaro, presidente ANCI, hanno festeggiato, neppure un mese or sono, probabilmente con troppa fretta e troppa sicumera, l’approvazione del “pacchetto Sicurezza” da parte del Governo.
Sarà il caso di riflettere concretamente, Sindaci ed Amministratori in primis, su questo pacchetto di riforme e su quanto davvero si possa ritenere adeguato a fronteggiare in determinati territori - e la Puglia non è seconda a Sicilia, Campania e Calabria - la criminalità organizzata.
Sarà il caso di riflettere davvero sulle parole del Premier Gentiloni e del Ministro Minniti, cui si è accodato anche il Presidente ANCI, Sindaco di Bari, Antonio Decaro. Siamo davvero un paese che ha semplicemente e solo “bisogno di sentirsi sicuro”? Davvero è tutta e solo una questione di “percezione”? Pensiamo sul serio di aver lasciato così bene e così efficacemente alle spalle alcune stagioni di piombo, tanto da poterci permettere un “pacchetto Sicurezza” che derubrichi le questioni a semplici interventi urbanistici di secondo livello come quelli relativi all’illuminazione o si accontenti di misure repressive rivolte alla criminalità di basso cabotaggio - abusivi della qualsiasi e imbrattatori su tutti?
In Puglia - come del resto nelle altre regioni ad alta densità mafiosa - di sicuro una risposta del genere è inefficace. Inutile, troviamo il coraggio di dirlo con onestà. Per alcuni tratti, addirittura pericolosa. Dovrebbe saperlo per bene e per primo proprio il Sindaco Antonio Decaro, Presidente ANCI, sotto scorta dall’anno passato per aver sfidato i clan durante la festa patronale in onore di San Nicola, vietando le “fornacelle” abusive e pretendendo di regolamentare la logistica ed il posizionamento degli ambulanti - centinaia di abusivi della bancarella da sempre gestiti e lottizzati dalla Camorra Barese. Dovrebbe saperlo per primo proprio lui, che in questi giorni ha a che fare, nella sua città, con una recrudescenza del conflitto tra i clan che, nelle periferie e nei quartieri popolari della città, oltre a fatti di sangue gravissimi, sta registrando punte di folklore macabro e segnali inquietantissimi di controllo totale dei territori.
Un pacchetto sicurezza fatto di lampioncini a led, allontanamento dal territorio per i graffitari ed i vandali e carcere per gli abusivi vale davvero a tenere al sicuro le comunità pugliesi - come del resto tutte quelle inquinate o condizionate da fenomeni mafiosi? Basta una misura del genere per contrastare chi si fa la guerra a caricatori interi di mitra, tra la gente, alle otto di sera? Bastano queste misure per intervenire, a Bari ad esempio, in un quartiere come il Libertà, dove gli arresti o la morte di un rivale sono festeggiati pubblicamente dai clan coi fuochi d’artificio? Ci bastano davvero queste misure? La sicurezza è davvero, di nuovo, derubricabile a “questione di feeling”, di sensazioni e percezioni?
O come, a San Severo, addirittura mercanteggiata coi poteri forti tanto da venir trasformata in spot elettorale con un Michele Emiliano, fin troppo impegnato nella allora ennesima battaglia interna al PD, nominato assessore alla legalità? Quanto si sarà pentito della scelta fatta allora, il Sindaco Miglio, mentre digiunava in attesa di essere ricevuto dal Ministro Minniti per potergli parlare della morsa serrata delle criminalità foggiane sulla sua città?
Val la pena rifletterci, in Puglia prima che altrove. Ed è necessario farlo adesso. Ora che organizzazioni criminali e delinquenti comuni o disperati pronti a tutto pesano le nostre Istituzioni, le percepiscono deboli e proprio per questo alzano il tiro, pronti a presentare una posta più alta. Nel Gargano per serrare interessi economici enormi su un territorio che sta conoscendo sviluppo e boom economico oppure a San Severo, dove i clan pretendono di dettare legge imponendo pizzo, spaccio e rapine.
A Ruvo o Terlizzi, nella provincia rurale del nord Barese, dove la crisi e la mancanza di prospettive convincono qualche disperato a tentare la carta della minaccia per protestare o pretendere. Oppure a Bari, dove la Camorra cittadina fa dell’illegalità e dell’abusivismo di sussistenza uno dei primi strumenti di costruzione del consenso nelle comunità periferiche o marginalizzate.
Vale la pena di rifletterci, cominciando proprio dai temi della marginalizzazione e della esclusione sociale. Perché è lì, non altrove, che i Sindaci possono e devono giocare la partita decisiva. Lì, lontano dall’applicazione della legge o dalle investigazioni, ben distanti dalla repressione - che non compete loro ma è materia per gli organi inquirenti e per le forze di polizia.
Ai Sindaci è demandato in primis il contatto col territorio. Ed allora è il caso che le amministrazioni scelgano di sfidare le mafie - ed in Puglia ce n’è, tutte diverse e tutte ben più che maggiorenni o neonate - proprio dove queste costruiscono consenso: nelle pieghe della marginalizzazione. Intervenendo sulle periferie con proposte concrete di prospettiva per i giovani e non con progetti di maquillage urbanistico o con elemosine elargite ad associazioni di terzo settore sempre più barricate in trincea, sempre più sole.
Le mafie si combattono, dalla parte delle Istituzioni, anche e soprattutto così: abbattendo i distacchi e rimuovendo le disparità - lo dice anche la Costituzione, fin quasi ad annoiare il lettore da quante avremmo dovuto colmarne - ricucendo gli strappi tra centri e periferie, sociali prima ed urbane poi, in modo concreto. Per dirla come la spiegherebbe un ragazzino dei “quartieri”: dando una ragione concreta a chi fa la vedetta di spaccio e lascia la scuola per la cinquanta euro al giorno, di lasciare la pistola e rimettere in spalla lo zainetto dei libri. Oppure imparare un mestiere, mettere in tasca una certificazione, un patentino, una “carta” spendibile concretamente ed in modo sano, pulito, nel mondo del lavoro.
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Eroe per Caso- Risvegliato
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Re: La verità sui "MIGRANTI"
È successo alle 10.45 del 7 marzo. Lo stilista, avvicinato da tre uomini stranieri, è stato derubato del portafogli, di un braccialetto d’oro e di una borsa contenente 20 orologi
- Redazione Milano online[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine] Aggredito brutalmente da tre uomini di origine straniera mentre camminava per una via del centro di Milano. È la brutta avventura capitata allo stilista di moda Alviero Martini, 67 anni, la mattina del 7 marzo mentre si trovava in via Fabio Filzi. I tre, come spiegato nella denuncia di Martini, avevano un forte accento dell’Est Europa e, armati di coltellino, gli hanno intimato di consegnare il portafogli. Bottino: 100 euro, un braccialetto d’oro e una borsa contenente 20 orologi di valore che lo stilista stava portando a riparare. Prima di sporgere denuncia ai carabinieri, lo stilista si è recato all’ospedale per le medicazioni.
Ha riportato un livido sul polso provocato dal coltello che hanno usato per staccargli il braccialetto e qualche piccola contusione.
La testimonianza
«È incredibile che possa succedere una cosa del genere alle 10.45 del mattino, in una zona della città così centrale e viva — ha commentato —. Personalmente alla fine non mi sono fatto nulla, ma chi me lo dice che se non avessi reagito, assecondandoli in qualche modo, questi ragazzotti non mi avrebbero fatto del male? Voglio dire questo al sindaco Sala: questo degrado va in qualche modo arginato, fermato. Questa immigrazione disordinata va bloccata a prescindere dall’etnia. Personalmente io non sono in grado di indicare una soluzione, ma questa piaga va fermata. Per i cittadini della città e per le attività commerciali che si ritrovano ormai ostaggio di comunità che non sembrano intenzionate a integrarsi».
Eroe per Caso- Risvegliato
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Re: La verità sui "MIGRANTI"
Ho letto solo ora l'articolo postato da Elettra .
Non ho ben capito , in che modo queste persone traggono profitti da questi immigrati ?
Non ho ben capito , in che modo queste persone traggono profitti da questi immigrati ?
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Luca Abete aggredito da immigrati venditori abusivi
Alla faccia dell'accoglienza .. di questa gentaglia: [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]
Striscia, Luca Abete aggredito a Caserta. «Calci e pugni da immigrati»
L’inviato di Striscia la notizia Luca Abete ha subito ieri un’aggressione da un gruppo di commercianti abusivi, per lo più extracomunitari, del grande mercato di merce rubata e contraffatta di Caserta. Lo denuncia un comunicato della redazione del programma di Canale 5. A raccontare l’accaduto sulla sua pagina Facebook è stato anche Luca Abete: «Un gruppo di extracomunitari ha aggredito me e il mio staff con pugni, calci e bastoni durante la registrazione di un servizio. Attrezzature distrutte, dolori dappertutto, ma poteva andarci peggio. Voglio dire grazie alle persone che intervenendo ci hanno salvato la vita».
Aggredito l’inviato di Striscia, Luca Abete
Sono intervenute le forze dell’ordine che hanno poi scortato l’ambulanza al pronto soccorso per verificare eventuali lesioni riportate da Luca Abete e dai suoi colleghi. Le riprese erano collegate a un servizio precedente, andato in onda su Canale 5 lo scorso 15 dicembre. Il servizio mostrava piazza Pitesti a Caserta completamente invasa da immigrati abusivi dediti a vendere merce contraffatta. Ma da allora nulla è cambiato, come dimostra il grave episodio di violenza.
In un post su Fb Giorgia Meloni ha espresso solidarietà all’inviato di Striscia: “Fratelli d’Italia esprime solidarietà e augura pronta guarigione a Luca Abete e alla troupe di ‘Striscia la Notizia’, aggrediti a Caserta da un gruppo di extracomunitari armati di bastoni. Il motivo? Questi delinquenti non volevano farsi riprendere mentre vendevano illegalmente merce contraffatta. Ora ribadiamo come la pensa FdI su questo tema: in Italia non fai come ti pare. Se ti accolgo a casa mia devi rispettare le mie leggi. Se commetti un reato e delinqui qui non sei più gradito e ti rimando a casa tua”.
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Striscia, Luca Abete aggredito a Caserta. «Calci e pugni da immigrati»
L’inviato di Striscia la notizia Luca Abete ha subito ieri un’aggressione da un gruppo di commercianti abusivi, per lo più extracomunitari, del grande mercato di merce rubata e contraffatta di Caserta. Lo denuncia un comunicato della redazione del programma di Canale 5. A raccontare l’accaduto sulla sua pagina Facebook è stato anche Luca Abete: «Un gruppo di extracomunitari ha aggredito me e il mio staff con pugni, calci e bastoni durante la registrazione di un servizio. Attrezzature distrutte, dolori dappertutto, ma poteva andarci peggio. Voglio dire grazie alle persone che intervenendo ci hanno salvato la vita».
Aggredito l’inviato di Striscia, Luca Abete
Sono intervenute le forze dell’ordine che hanno poi scortato l’ambulanza al pronto soccorso per verificare eventuali lesioni riportate da Luca Abete e dai suoi colleghi. Le riprese erano collegate a un servizio precedente, andato in onda su Canale 5 lo scorso 15 dicembre. Il servizio mostrava piazza Pitesti a Caserta completamente invasa da immigrati abusivi dediti a vendere merce contraffatta. Ma da allora nulla è cambiato, come dimostra il grave episodio di violenza.
In un post su Fb Giorgia Meloni ha espresso solidarietà all’inviato di Striscia: “Fratelli d’Italia esprime solidarietà e augura pronta guarigione a Luca Abete e alla troupe di ‘Striscia la Notizia’, aggrediti a Caserta da un gruppo di extracomunitari armati di bastoni. Il motivo? Questi delinquenti non volevano farsi riprendere mentre vendevano illegalmente merce contraffatta. Ora ribadiamo come la pensa FdI su questo tema: in Italia non fai come ti pare. Se ti accolgo a casa mia devi rispettare le mie leggi. Se commetti un reato e delinqui qui non sei più gradito e ti rimando a casa tua”.
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