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Strani eventi
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5/24/2019, 10:29 Da kardec
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Interferenze
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Assemblea sull'acqua
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Dopo lunga e molto dura e anche accesa assemblea sull'acqua potabile e l'acqua addolcita in condominio, da mettere sulla condotta generale, cosa …
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nuovo evp
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salve ragazzi,dopo tanto tempo siamo riusciti ( o almeno credo ) di aver registrato un nuovo evp!
la registrazione di questo video,l'abbiamo decisa …
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La visita al Dio Brahma ovvero noto come il Dio di Abrahm
Forum di Paranormale Misteri Meditazione Spiritualità Yoga e Psiche :: Il Maestro dei Maestri ha detto
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La visita al Dio Brahma ovvero noto come il Dio di Abrahm
Nella visita al Dio Brahma, Gotama ci spiega e vi rivela (rivela a voi, dato che io lo conosco molto bene e discussioni simili ne ho avute anch'io), il motivo per cui nessun paradiso, incluso quello del dio di Abrahm, siano salvi ed esenti dall'influenza nefasta e fuorviante del Signore dell'Ego (Mara il Maligno), il quale lo trovate anche nella Bibbia, girare in paradiso e suggerire al Dio in questione quali pene siano migliori da infliggere al povero Giacobbe biblico.
Il resto leggetevelo e cosi traete le conseguenze e i perchè il mondo in cui siete caduti (la materia) non funziona come vi hanno insegnato, non è opera benevola come credete ma bensì nasconde insidie dolorose, malattie, invidie, gelosie, avidità e sensualità materiale spesso senza ne capo ne coda, il tutto è un maramsa di illusioni folli che circuiscono la mente dell'essere onde convincerlo a partecipare ed essere coinvolto nel gioco sadomasochistico del dualismo del Samsara. Dualismo che include Dei, Uomini, animali, cose mobili e immobili in modalità totalizzante e negativa, quindi ben fuorviante e dolorosa, avvinghiante come la stretta di un grande serpente che la moderna psicologia Junghiana interpreta e chiama "subconscio individuale dentro a un subconscio collettivo.
Questo ho sentito. Una volta il Sublime soggiornava presso Sâvatthî, nella Selva del Vincitore, nel parco di Anâthapindiko. Là egli si rivolse ai monaci: “Un giorno mi trovavo presso Ukkattha, nel parco, ai piedi di un albero magnifico. Allora il Brahmâ Bako aveva questa falsa opinione: ‘Qui è l’eterno, il persistente, eterno, qui è indissolubilità ed immutabilità, perché qui non regna nascere e invecchiare, non morire, trapassare e riapparire; e non v’è altra, più alta libertà di questa’.
Ed io riconobbi il suo pensiero e, così come un uomo robusto stende o piega il suo braccio, io sparii da Ukkattha ed apparvi in quel mondo di Brahmâ.
Egli mi vide arrivare da lontano e mi disse: ‘Salve, degno, benvenuto! Lungamente ho sperato che tu venissi perché qui è l’eterno, il persistente, eterno, qui è indissolubilità ed immutabilità, perché qui non regna nascere e invecchiare, non morire, trapassare e riapparire; e non v’è altra, più alta libertà di questa’.
Allora io replicai: ‘Accecato, invero, è il caro Brahmâ Bako, giacché egli vuole riconoscere come eterno ciò che non lo è, ciò che non è persistente, eterno, indissolubile, immutabile: ed afferma che ciò che qui nasce e invecchia, muore, trapassa e riappare, non lo fa; e infine nega che vi sia quell’altra e più alta libertà che c’è ‘.
In quel momento Mâro il maligno entrò in uno degli dèi del seguito di Brahmâ e tramite quello parlò così: ‘Monacello, monacello! Guardati da costui: questo è proprio Brahmâ, l’onnipossente, l’insuperato, l’onniveggente, il sovrano, il signore, il creatore, il fattore, l’altissimo, il progenitore, il conservatore, il padre di tutto ciò che fu e sarà.
Già prima di te vi furono nel mondo asceti e religiosi nemici e dispregiatori della terra, dell’acqua, del fuoco, dell’aria, della natura. Nemici e spregiatori degli dèi, del signore della generazione, di Brahmâ. Costoro, con la dissoluzione del corpo, esaurita la forza vitale, giunsero ad abbiette forme d’esistenza.
Mentre altri asceti e religiosi amici ed amanti di tutto ciò che ho nominato, alla loro morte giunsero ad elette forme d’esistenza. Perciò ti consiglio, monaco: fai attenzione. Ciò che Brahmâ ti ha detto, accettalo, non contraddirlo. Se tu lo facessi sarebbe come se un uomo si accostasse ad una rupe e la battesse con un bastone; come se un uomo, precipitando in un abisso infernale, cercasse di fermarsi afferrando il terreno con le mani e puntando i piedi.
O monaco, non vedi qui dintorno
Del mondo di Brahmâ raccolti i dèi? ‘
Con queste parole mi si rivolse Mâro, ma io risposi così al maligno: ‘Ben ti conosco, maligno; non sperare che non t’abbia riconosciuto: tu sei Mâro il maligno. E questo Brahmâ, questi dèi e queste sue schiere, sono tutti nelle tue mani, in tuo potere. Tu certamente pensi che anch’io possa essere in tuo potere, ma non è così’.
A queste parole il Brahmâ Bako si rivolse a me, dicendo: ‘Io considero eterno ciò che è eterno, considero persistente, eterno, indissolubile, immutabile ciò che lo è. E confermo che qui non c’è nascere e invecchiare, morire, trapassare e riapparire; e che non v’è altra, più alta libertà.
Prima di te vi furono già asceti e religiosi che per l’intera vita s’erano dati unicamente alla penitenza: essi potevano forse sapere se vi è o non vi è un’altra, più alta libertà. Tu, per quanta fatica e pena vorrai anche darti, non ne scoprirai un’altra. Se prendi come punto d’appoggio la terra, allora hai preso me per appoggio, me per base, devi obbedirmi, devi cedere a me; lo stesso accade se tu prendi come punto d’appoggio l’acqua, il fuoco, l ‘aria, la natura, gli dèi, il signore della generazione’.
‘Ciò che dici lo so bene anch’io, Brahmâ. Ben conosco la tua qualità, la tua magnificenza: ultrapotente, ultra possente, ultra famoso è il Brahmâ Bako’.
‘In che modo tu, degno, riconosci tutto ciò?’.
‘Per quanto il sole e quanto nello spazio
La luna in sua magnificenza irraggia,
Per mille guise l’universo intero
Tutto nei tuoi voleri s’abbandona.
Profondità ed altezze tu conosci,
Tu conosci l’uomo libero ed il servo,
Quest’esistenza qui come anche l’altra,
Degli esseri il venire e il trapassare.’
‘Così io ti conosco, Brahmâ, però vi sono tre ulteriori forme di esistenza che la tua conoscenza e vista non conosce, ma che io conosco e vedo. Vi è una splendente forma dell’esistenza: da questa trapassato, tu sei apparso qui, dove nel corso di una permanenza straordinariamente lunga te ne è svanita la rimembranza; perciò tu non la conosci, ma io sì.
E con ciò, Brahmâ, non solo ti sono eguale in conoscenza, ma non sto sotto di te e, anzi, ti sono di gran lunga superiore. E vi sono una raggiante forma dell’esistenza e una possente forma dell’esistenza: queste che tu non conosci e vedi, io le conosco e vedo, dunque non sto sotto di te in conoscenza, ma ti sono di gran lunga superiore.
La terra io ho riconosciuto come terra, e come inappagante è la terrenità della terra; l’acqua io ho riconosciuto come acqua, e come è inappagante l’acquosità dell’acqua; il fuoco io ho riconosciuto come fuoco, e come inappagante è la focosità del fuoco; l’aria io ho riconosciuto come aria, e come è inappagante l’ariosità dell’aria; la natura, gli dèi, il signore della generazione, il Brahmâ, gli splendenti, i raggianti, i possenti, gli ultrapossenti, il tutto io ho riconosciuto come tutto, e come inappagante è la totalità del tutto: ciò io ho riconosciuto, ed ho rinunziato alla terra, all’acqua, al fuoco, all’aria, alla natura, al tutto, e mi sono staccato da tutto, ho rinnegato tutto, ho abdicato a tutto, ho disprezzato il tutto.
E con ciò, Brahmâ, non solo ti sono eguale in conoscenza, ma non sto sotto di te in conoscenza, e ti sono di gran lunga superiore’.
‘Se a te, degno, la totalità del tutto non ha dato alcun appagamento, allora forse può proprio in te mancare
Quel ch’era luce della coscienza
Ed ora s’è completamente estinta:
allora si resta inappagati dalla terrenità della terra, dall’acquosità dell’acqua, dalla focosità del fuoco, dall’ariosità dell’aria, dalla natura, dagli dèi, dal signore della generazione, dal Brahmâ, dagli splendenti, dai raggianti, dai possenti, dagli ultrapossenti, dalla totalità del tutto. Orsù dunque, degno, io ora sparirò da te’.
‘Orsù dunque, Brahmâ, fallo, se puoi’.
Ed ora, monaci, il Brahmâ Bako disse: ‘Voglio sparire all’asceta Gotamo!’; ma non poté sparire.
Allora fui io a dire al Brahmâ Bako: ‘Orsù, sparirò io’.
‘Orsù, degno, sparisci, se puoi’.
Ed io feci ora, monaci, formarsi una parvenza magica di questo genere: ‘Sia fatto in modo che il Brahmâ e gli dèi di Brahmâ sentano la mia voce, ma non mi vedano!’; così, divenuto invisibile pronunciai questa strofa:
‘La vita io la ritengo qual dolore
Né la più alta pur di tutte le vite,
nessuna vita più sper’io, né brame;
Mai appagar mi può nessuna gioia’.
Allora, monaci, Brahmâ e gli dèi di Brahmâ e le schiere di Brahmâ, rimasero stupiti e storditi dallo straordinario, miracoloso avvenimento:
‘Straordinaria, invero, mirabile è l’alta potenza dell’asceta Gotamo! Mai finora, veramente, noi abbiamo visto un asceta o religioso, o abbiamo sentito di uno che sia stato così ultrapotente come quest’asceta Gotamo, il figlio dei Sakyi, che ha rinunciato all’eredità dei Sakyi. Oh miracolo! Dalla gente lieta, contenta, allegra di vivere egli ha strappato la vita con tutte le radici!’.
Ma Mâro il maligno, monaci, entrò ora in uno del seguito di Brahmâ e mi disse: ‘Se tu, o degno, sei così savio e sveglio, allora non mostrare la dottrina ai discepoli, non ai seguaci, non bramare discepoli e seguaci. Già prima di te vi furono asceti e sacerdoti nel mondo che si spacciarono per santi, perfetti svegliati.
Ed essi attirarono a sé discepoli, seguaci, mostrarono loro la dottrina, bramarono discepoli e seguaci, ma quando morirono, giunsero, con la dissoluzione del corpo ad abbiette forme d’esistenza. Mentre altri che non l’avevano fatto, morirono e giunsero ad elette forme d’esistenza. Perciò, monaco, te lo consiglio, dai retta: non ti dare alcuna pena, rimani finché vivi nel non turbato godimento della tua serenità, serba il vero solo per te, non insegnarlo ad altri!’
A queste parole, monaci, dissi io così a Mâro il maligno: ‘Ben ti conosco, maligno, lascia la speranza che io non ti abbia riconosciuto; tu sei Mâro il maligno. E non per amore tu mi parli, ma per odio; perché questi sono i tuoi pensieri: ‘Quelli a cui l’asceta Gotamo mostrerà la verità, insorgeranno contro il mio dominio’. Imperfetti svegliati erano quelli di cui hai parlato; io, però, che sono proprio perfetto svegliato, ti dichiaro di esserlo davvero.
Se ora il Compiuto mostra ai discepoli la dottrina o non lo fa, sempre lo stesso egli rimane. Lo stesso accade se attira o non attira a sé discepoli. Come è possibile ciò?
Il Compiuto, maligno, ha distrutto la mania, l’insozzante, seminante rigenerazione, l’orrenda, covante dolore, rinnovante vita, vecchiaia e morte; l’ha stroncata alla radice, l’ha fatta simile ad un ceppo di palma, così che essa non può mai più germogliare, mai più svilupparsi.
Così come una palma a cui s’è troncata la corona, non può più crescere: così anche, maligno, il Compiuto ha distrutto la mania, l’insozzante, seminante rigenerazione, l’orrenda, covante dolore, rinnovante vita, vecchiaia e morte; l’ha stroncata alla radice, l’ha fatta simile ad un ceppo di palma, così che essa non può mai più germogliare, mai più svilupparsi.
Così fu Mâro ridotto al silenzio e Brahmâ visitato; perciò appunto questo sutta s’è chiamato: Visita a Brahmâ.
Il resto leggetevelo e cosi traete le conseguenze e i perchè il mondo in cui siete caduti (la materia) non funziona come vi hanno insegnato, non è opera benevola come credete ma bensì nasconde insidie dolorose, malattie, invidie, gelosie, avidità e sensualità materiale spesso senza ne capo ne coda, il tutto è un maramsa di illusioni folli che circuiscono la mente dell'essere onde convincerlo a partecipare ed essere coinvolto nel gioco sadomasochistico del dualismo del Samsara. Dualismo che include Dei, Uomini, animali, cose mobili e immobili in modalità totalizzante e negativa, quindi ben fuorviante e dolorosa, avvinghiante come la stretta di un grande serpente che la moderna psicologia Junghiana interpreta e chiama "subconscio individuale dentro a un subconscio collettivo.
Brahmanimantanika Sutta – Visita a Brahma
Questo ho sentito. Una volta il Sublime soggiornava presso Sâvatthî, nella Selva del Vincitore, nel parco di Anâthapindiko. Là egli si rivolse ai monaci: “Un giorno mi trovavo presso Ukkattha, nel parco, ai piedi di un albero magnifico. Allora il Brahmâ Bako aveva questa falsa opinione: ‘Qui è l’eterno, il persistente, eterno, qui è indissolubilità ed immutabilità, perché qui non regna nascere e invecchiare, non morire, trapassare e riapparire; e non v’è altra, più alta libertà di questa’.
Ed io riconobbi il suo pensiero e, così come un uomo robusto stende o piega il suo braccio, io sparii da Ukkattha ed apparvi in quel mondo di Brahmâ.
Egli mi vide arrivare da lontano e mi disse: ‘Salve, degno, benvenuto! Lungamente ho sperato che tu venissi perché qui è l’eterno, il persistente, eterno, qui è indissolubilità ed immutabilità, perché qui non regna nascere e invecchiare, non morire, trapassare e riapparire; e non v’è altra, più alta libertà di questa’.
Allora io replicai: ‘Accecato, invero, è il caro Brahmâ Bako, giacché egli vuole riconoscere come eterno ciò che non lo è, ciò che non è persistente, eterno, indissolubile, immutabile: ed afferma che ciò che qui nasce e invecchia, muore, trapassa e riappare, non lo fa; e infine nega che vi sia quell’altra e più alta libertà che c’è ‘.
In quel momento Mâro il maligno entrò in uno degli dèi del seguito di Brahmâ e tramite quello parlò così: ‘Monacello, monacello! Guardati da costui: questo è proprio Brahmâ, l’onnipossente, l’insuperato, l’onniveggente, il sovrano, il signore, il creatore, il fattore, l’altissimo, il progenitore, il conservatore, il padre di tutto ciò che fu e sarà.
Già prima di te vi furono nel mondo asceti e religiosi nemici e dispregiatori della terra, dell’acqua, del fuoco, dell’aria, della natura. Nemici e spregiatori degli dèi, del signore della generazione, di Brahmâ. Costoro, con la dissoluzione del corpo, esaurita la forza vitale, giunsero ad abbiette forme d’esistenza.
Mentre altri asceti e religiosi amici ed amanti di tutto ciò che ho nominato, alla loro morte giunsero ad elette forme d’esistenza. Perciò ti consiglio, monaco: fai attenzione. Ciò che Brahmâ ti ha detto, accettalo, non contraddirlo. Se tu lo facessi sarebbe come se un uomo si accostasse ad una rupe e la battesse con un bastone; come se un uomo, precipitando in un abisso infernale, cercasse di fermarsi afferrando il terreno con le mani e puntando i piedi.
O monaco, non vedi qui dintorno
Del mondo di Brahmâ raccolti i dèi? ‘
Con queste parole mi si rivolse Mâro, ma io risposi così al maligno: ‘Ben ti conosco, maligno; non sperare che non t’abbia riconosciuto: tu sei Mâro il maligno. E questo Brahmâ, questi dèi e queste sue schiere, sono tutti nelle tue mani, in tuo potere. Tu certamente pensi che anch’io possa essere in tuo potere, ma non è così’.
A queste parole il Brahmâ Bako si rivolse a me, dicendo: ‘Io considero eterno ciò che è eterno, considero persistente, eterno, indissolubile, immutabile ciò che lo è. E confermo che qui non c’è nascere e invecchiare, morire, trapassare e riapparire; e che non v’è altra, più alta libertà.
Prima di te vi furono già asceti e religiosi che per l’intera vita s’erano dati unicamente alla penitenza: essi potevano forse sapere se vi è o non vi è un’altra, più alta libertà. Tu, per quanta fatica e pena vorrai anche darti, non ne scoprirai un’altra. Se prendi come punto d’appoggio la terra, allora hai preso me per appoggio, me per base, devi obbedirmi, devi cedere a me; lo stesso accade se tu prendi come punto d’appoggio l’acqua, il fuoco, l ‘aria, la natura, gli dèi, il signore della generazione’.
‘Ciò che dici lo so bene anch’io, Brahmâ. Ben conosco la tua qualità, la tua magnificenza: ultrapotente, ultra possente, ultra famoso è il Brahmâ Bako’.
‘In che modo tu, degno, riconosci tutto ciò?’.
‘Per quanto il sole e quanto nello spazio
La luna in sua magnificenza irraggia,
Per mille guise l’universo intero
Tutto nei tuoi voleri s’abbandona.
Profondità ed altezze tu conosci,
Tu conosci l’uomo libero ed il servo,
Quest’esistenza qui come anche l’altra,
Degli esseri il venire e il trapassare.’
‘Così io ti conosco, Brahmâ, però vi sono tre ulteriori forme di esistenza che la tua conoscenza e vista non conosce, ma che io conosco e vedo. Vi è una splendente forma dell’esistenza: da questa trapassato, tu sei apparso qui, dove nel corso di una permanenza straordinariamente lunga te ne è svanita la rimembranza; perciò tu non la conosci, ma io sì.
E con ciò, Brahmâ, non solo ti sono eguale in conoscenza, ma non sto sotto di te e, anzi, ti sono di gran lunga superiore. E vi sono una raggiante forma dell’esistenza e una possente forma dell’esistenza: queste che tu non conosci e vedi, io le conosco e vedo, dunque non sto sotto di te in conoscenza, ma ti sono di gran lunga superiore.
La terra io ho riconosciuto come terra, e come inappagante è la terrenità della terra; l’acqua io ho riconosciuto come acqua, e come è inappagante l’acquosità dell’acqua; il fuoco io ho riconosciuto come fuoco, e come inappagante è la focosità del fuoco; l’aria io ho riconosciuto come aria, e come è inappagante l’ariosità dell’aria; la natura, gli dèi, il signore della generazione, il Brahmâ, gli splendenti, i raggianti, i possenti, gli ultrapossenti, il tutto io ho riconosciuto come tutto, e come inappagante è la totalità del tutto: ciò io ho riconosciuto, ed ho rinunziato alla terra, all’acqua, al fuoco, all’aria, alla natura, al tutto, e mi sono staccato da tutto, ho rinnegato tutto, ho abdicato a tutto, ho disprezzato il tutto.
E con ciò, Brahmâ, non solo ti sono eguale in conoscenza, ma non sto sotto di te in conoscenza, e ti sono di gran lunga superiore’.
‘Se a te, degno, la totalità del tutto non ha dato alcun appagamento, allora forse può proprio in te mancare
Quel ch’era luce della coscienza
Ed ora s’è completamente estinta:
allora si resta inappagati dalla terrenità della terra, dall’acquosità dell’acqua, dalla focosità del fuoco, dall’ariosità dell’aria, dalla natura, dagli dèi, dal signore della generazione, dal Brahmâ, dagli splendenti, dai raggianti, dai possenti, dagli ultrapossenti, dalla totalità del tutto. Orsù dunque, degno, io ora sparirò da te’.
‘Orsù dunque, Brahmâ, fallo, se puoi’.
Ed ora, monaci, il Brahmâ Bako disse: ‘Voglio sparire all’asceta Gotamo!’; ma non poté sparire.
Allora fui io a dire al Brahmâ Bako: ‘Orsù, sparirò io’.
‘Orsù, degno, sparisci, se puoi’.
Ed io feci ora, monaci, formarsi una parvenza magica di questo genere: ‘Sia fatto in modo che il Brahmâ e gli dèi di Brahmâ sentano la mia voce, ma non mi vedano!’; così, divenuto invisibile pronunciai questa strofa:
‘La vita io la ritengo qual dolore
Né la più alta pur di tutte le vite,
nessuna vita più sper’io, né brame;
Mai appagar mi può nessuna gioia’.
Allora, monaci, Brahmâ e gli dèi di Brahmâ e le schiere di Brahmâ, rimasero stupiti e storditi dallo straordinario, miracoloso avvenimento:
‘Straordinaria, invero, mirabile è l’alta potenza dell’asceta Gotamo! Mai finora, veramente, noi abbiamo visto un asceta o religioso, o abbiamo sentito di uno che sia stato così ultrapotente come quest’asceta Gotamo, il figlio dei Sakyi, che ha rinunciato all’eredità dei Sakyi. Oh miracolo! Dalla gente lieta, contenta, allegra di vivere egli ha strappato la vita con tutte le radici!’.
Ma Mâro il maligno, monaci, entrò ora in uno del seguito di Brahmâ e mi disse: ‘Se tu, o degno, sei così savio e sveglio, allora non mostrare la dottrina ai discepoli, non ai seguaci, non bramare discepoli e seguaci. Già prima di te vi furono asceti e sacerdoti nel mondo che si spacciarono per santi, perfetti svegliati.
Ed essi attirarono a sé discepoli, seguaci, mostrarono loro la dottrina, bramarono discepoli e seguaci, ma quando morirono, giunsero, con la dissoluzione del corpo ad abbiette forme d’esistenza. Mentre altri che non l’avevano fatto, morirono e giunsero ad elette forme d’esistenza. Perciò, monaco, te lo consiglio, dai retta: non ti dare alcuna pena, rimani finché vivi nel non turbato godimento della tua serenità, serba il vero solo per te, non insegnarlo ad altri!’
A queste parole, monaci, dissi io così a Mâro il maligno: ‘Ben ti conosco, maligno, lascia la speranza che io non ti abbia riconosciuto; tu sei Mâro il maligno. E non per amore tu mi parli, ma per odio; perché questi sono i tuoi pensieri: ‘Quelli a cui l’asceta Gotamo mostrerà la verità, insorgeranno contro il mio dominio’. Imperfetti svegliati erano quelli di cui hai parlato; io, però, che sono proprio perfetto svegliato, ti dichiaro di esserlo davvero.
Se ora il Compiuto mostra ai discepoli la dottrina o non lo fa, sempre lo stesso egli rimane. Lo stesso accade se attira o non attira a sé discepoli. Come è possibile ciò?
Il Compiuto, maligno, ha distrutto la mania, l’insozzante, seminante rigenerazione, l’orrenda, covante dolore, rinnovante vita, vecchiaia e morte; l’ha stroncata alla radice, l’ha fatta simile ad un ceppo di palma, così che essa non può mai più germogliare, mai più svilupparsi.
Così come una palma a cui s’è troncata la corona, non può più crescere: così anche, maligno, il Compiuto ha distrutto la mania, l’insozzante, seminante rigenerazione, l’orrenda, covante dolore, rinnovante vita, vecchiaia e morte; l’ha stroncata alla radice, l’ha fatta simile ad un ceppo di palma, così che essa non può mai più germogliare, mai più svilupparsi.
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