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2/19/2019, 22:54 Da kardec

salve ragazzi,dopo tanto tempo siamo riusciti ( o almeno credo ) di aver registrato un nuovo evp!

la registrazione di questo video,l'abbiamo decisa …

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Messaggio Da Eroe per Caso 11/5/2017, 23:05

Questo Testo è un'antica scrittura indiana, vi sono alcune cose diverse dalla mia personale conoscenza, alcuni spiegazioni sono di superficie, altre sono parallele e simili, ma i concetti finali sono identici, ed è ciò che conta per un qualsiasi Ricercatore di Yoga e Verità assoluta.

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Invocazione

Om! Possano le diverse parti del mio corpo, la mia lingua, il prana, gli occhi, le orecchie e la mia forza e anche tutti gli altri organi di senso essere nutriti! Tutto, infatti, è Brahman, come viene dichiarato nelle Upanisad. Possa io mai negare Brahman! Possa Brahman non essere mai negato da parte mia! Possa non essere mai smentito da parte mia! Possano tutte le virtù descritte nelle Upanisad essere vicine a me, che mi dedico all’Atman! Sì, possano tutte essermi vicine! Om! Pace! Pace! Pace!

Primo Adhyaya

I. Om. Si deve meditare su questa sillaba come il canto Udgitha, poiché ogni canto si inizia con Om. Di ciò la spiegazione è la seguente: l'essenza di tutti gli esseri è la terra, l'essenza della terra è l'acqua, l'essenza dell’acqua sono le piante, l'essenza delle piante è la persona, l’essenza della persona è la parola, l'essenza della parola è il Rig-Veda, l’essenza del Rig-Veda è il Sama Veda,l'essenza del Sama Veda è il canto Udgitha che è Om.
Il canto Udgitha è la più essenziale di tutte le essenze, la Suprema, la più elevata, l'ottava. Che cosa è il Rig-Veda? Che cosa è il Sama Veda? Che cosa è il canto Udgitha? Questo si deve considerare. La parola è il Rig-Veda, il soffio vitale (prana) è il Sama Veda, la sillaba Om è l’Udgitha.Questi formano un’unione, la parola col prana e il Rig-Veda col Sama Veda.
La loro unione consiste nell’Om; è in questa sillaba che essi sono uniti. Ogni volta che si avvicinano e si uniscono realizzano i loro reciproci desideri.
Colui che sa questo, e medita sulla sillaba Om, la Udgitha, diviene un realizzatore di desideri. Questa è la sillaba dell’assenso, poiché quando si dà l’assenso a qualcosa, si dice Om (sì). Ciò a cui si dà l’assenso sarà realizzato. Colui che sa e medita sulla sillaba Om, la Udgitha, otterrà la realizzazione di tutti i desideri.
In essa si muove la triplice saggezza. Con Om essi recitano, con Om essi innalzano lodi, con Om essi cantano, venerando la grandezza e l’essenza di questa sillaba. Ciò che si compie con conoscenza, con fede, con meditazione, diviene più efficace. Questa è la spiegazione della sillaba Om.

II. Quando gli dèi e demoni, entrambi figli di Prajapati, combattevano gli uni con gli altri, gli dèi si rifugiarono nel canto Udgitha, pensando che con esso avrebbero potuto sconfiggere i demoni. Gli dei meditarono sull’Udgitha come prana che si respira attraverso il naso. Ma i demoni trafissero il prana con il male. Per questo si sentono sia il profumo che la puzza. Il male che fa annusare ciò che è improprio, è questo male. Poi gli dei meditarono sull’Udgitha come parola. Ma i demoni trafissero la parola con il male. Perciò si dice sia il vero che il falso. Il male che fa dire ciò che è improprio, è questo male. Poi gli dei meditarono sull’Udgitha come occhio. Ma i demoni lo trafissero con il male. Quindi si vede sia ciò che è bello, sia ciò che è sgradevole. Il male che fa vedere ciò che è improprio, è questo male.
Poi gli dei meditarono sull’Udgitha come orecchio. Ma i demoni lo trafissero con il male. Quindi si sente sia ciò che vale la pena di sentire, sia ciò che non merita di essere ascoltato. Il male che fa udire ciò che è improprio, è questo male. Poi gli dei meditarono sull’Udgitha come mente. Ma i demoni la trafissero con il male. Per questo si pensano sia pensieri corretti che pensieri impropri. Il male che fa pensare ciò che è improprio, è questo male.
Poi gli dei meditarono sull’Udgitha come respiro vitale (mukhya prana). Ma come una zolla di terra si disfa quando colpisce una pietra, così i demoni si sparpagliarono in ogni direzione e furono distrutti.
Come una zolla di terra si sparge quando colpisce un sasso, così sarà disperso chi vuole male ferisce colui che giunge alla conoscenza, perché è una pietra solida. […]

IV. Om. Si deve meditare su questa sillaba come il canto Udgitha, poiché ogni canto si inizia con Om. Di ciò la spiegazione è la seguente:
Quando gli dèi temevano la morte, si rifugiarono nella triplice conoscenza. Essi si ricoprirono di canti metrici, poiché si ricoprirono (acchadayan) con i canti, chiamati metri (Chandas). La morte li percepì come un pescatore potrebbe osservare un pesce in acqua bassa, li vide dentro gli inni, Rig-Veda, i canti, Sama Veda e le formule sacrificali, Yajurveda. Quando essi lo scoprirono, si alzarono dagli inni, dai canti e dalle formule sacrificali e si rifugiarono nel solo suono, la sillaba Om.
Quando si recita un inno, un canto o una formula sacrificale, si termina con Om. Questo suono è la sillaba imperitura, immortale e senza paura. Quando gli dèi si rifugiarono in essa, divennero immortali e senza paura.
Colui che conosce questo e fa risuonare la sillaba Om, si rifugia in questa sillaba, nel suono immortale e senza paura. Essendosi rifugiato, egli diviene immortale come gli dei. […]

XIII. In verità il suono HA-U è la Terra, il suono HA-I è il vento, il suono Atha è la luna, il suono IHA (qui) significa sé (perché qui è il luogo dove si trova il proprio sé), il suono I è il fuoco, Agni. Il suono U è il sole, il suono E l'invocazione, il suono O-HO-I rappresenta i principi universali, il suono HIM rappresenta Prajapati, YA è il nutrimento, VAC è il corpo dell’Essere cosmico (Virat). Il suono HUM, la tredicesima interiezione variabile, rappresenta l’indistinto. […]

Secondo Adhyaya

II. Si mediti sul quintuplice Saman come sui cinque mondi. La terra è lo Himkara, il fuoco è Prastava, lo spazio intermedio è l’Udgitha, il sole è Pratihara, il cielo Nidhana. Questo in riferimento ai mondi in ordine crescente. Ora, con riferimento all'ordine decrescente: lo Himkara è il cielo, Prastava il sole, Udgitha lo spazio intermedio, Pratihara il fuoco, Nidhana la terra. I mondi, negli ordini ascendenti e discendenti, vengono incontro propizi a colui che, sapendo questo, medita sul quintuplice Saman come sui mondi. […]

VI. Si mediti sul quintuplice Saman come sugli animali. Himkara è le capre, Prastava le pecore, Udgitha le mucche, Pratihara i cavalli, Nidhana gli esseri umani. Colui che, conoscendo questo, medita sul quintuplice Saman come sugli animali, per costui gli animali arrivano e diviene uno che conosce gli animali. […]

XXIII. Prajapati meditò sui mondi. Dai mondi su cui aveva meditato nacque il triplice Veda. Egli meditò su di esso, ne uscirono le sillabe sacre bhuh, bhuvah, svah. Egli meditò su di esse: ne uscí il suono Om. Come tante foglie l’una sull’altra, attraversate da una venatura, così tutte le parole sono attraversate dalla sillaba Om. Il suono Om è tutto questo universo – è davvero tutto questo universo.

Terzo Adhyaya

XII. La Gayatri è tutto, tutto ciò che esiste. La parola è la Gayatri, la parola è tutto questo esistente che canta (Gaya-ti) e protegge (Traya-te) tutto, tutto ciò che esiste. Gayatri è anche la terra, perché tutto ciò che esiste si fonda su questa terra e non la trascende. Quello che è la terra, nell’essere umano è il corpo, perché il prana si fonda su questo corpo e non lo trascende. Quello che è il corpo, è certamente questo cuore, che è all’interno dell’essere umano, perché il prana si fonda su questo cuore e non lo trascende.
Questa gayatri, con i suoi sei aspetti (gli esseri, la parola, la terra, il corpo, il cuore, il prana ), comprende quattro pada. Ecco ciò che dice un saggio a tale proposito: tale è la sua grandezza; più grande è il Purusha; un suo quarto comprende tutti gli esseri; dei suoi altri tre quarti è fatta nel cielo l’immortalità. […]

XIII. Ed ora, quel lume celeste che splende al di sopra di noi, che brilla di là da tutte le cose, di là dall’universo, nei mondi superiori oltre ai quali non vi è piú nulla, questa luce è, senza dubbio, quella stessa luce che irraggia dentro l’uomo.

XIV. Tutto questo mondo è Brahman. Con mente tranquilla, veneralo come ciò da cui sei emerso, ciò in cui respiri, ciò in cui tornerai. La persona consiste delle proprie intenzioni. Secondo le intenzioni che ha in questo mondo, così diviene alla propria dipartita, formi perciò un'intenzione corretta.
L’Atman, il cui strumento è la mente, il cui corpo è il prana, la cui forma è la luce, il cui pensiero è la verità, ciò che contiene tutte le opere, tutti i desideri, tutti gli odori, tutti i gusti, ciò che pervade tutto questo mondo, è silenzioso e libero da ogni istanza.
Questo Atman, situato nel cuore, è più piccolo di un granello di riso, o di orzo, o di sesamo, o di miglio, o del nucleo di un grano di miglio. Questo Atman, situato nel cuore, è più grande della terra, più grande dell'atmosfera, più grande del cielo, più grande di tutti i mondi. Ciò che contiene tutte le opere, tutti i desideri, tutti gli odori, tutti i gusti, ciò che abbraccia tutto questo mondo, silenzioso, in stato di quiete, tutto ciò è questo Atman, situato nel cuore. Esso è il Brahman. Con esso diverrò identico, lasciando questo mondo. Chi confida in ciò va al di la del dubbio. Così disse Sandilya. Si, così disse Sandilya! […]

XVI. Una persona è l’offerta. Il suoi primi ventiquattro anni costituiscono la libagione del Soma del mattino. Insieme con i Vasu, sfere degli elementi. Se si è colpiti durante questo periodo da qualche male, si dovrebbe recitare il mantra: "O sfere degli elementi, O Vasu, fate che questa libagione della mattina della mia esistenza continui fino alla seconda libagione. Fate in modo che il rituale della mia vita non venga interrotto quando sono circondato dal prana, dalle sfere degli elementi che sono i Vasu. Così spezza il suo male e si libera da esso. I quarantaquattro anni che seguono costituiscono la libagione del Soma del mezzogiorno, insieme con i Rudra, divinità dello spazio e della vita. Se si è colpiti durante questo periodo da qualche male, si dovrebbe recitare il mantra: "O prana, O Rudra, fate che questa libagione del mezzogiorno della mia esistenza continui fino alla terza libagione. Fate in modo che il rituale della mia vita non venga interrotto quando sono circondato dal prana, dalle energie vitali che sono i Rudra". Così spezza il suo male e si libera da esso. Gli ultimi quarantotto anni costituiscono alle libagioni della sera, insieme con i Principi sovrani, gli Aditya, divinità del cielo. Se si è colpiti durante questo periodo da qualche male, si dovrebbe recitare il mantra: "O prana, O Aditya, fate che questa libagione della sera della mia esistenza continui fino alla fine. Fate in modo che il rituale della mia vita non venga interrotto quando sono circondato dal prana e da Adita, divinità del cielo”. Così spezza il suo male e si libera da esso. […]

XVII. Coloro che hanno fame, sete, e si astengono dai piaceri, partecipano ai riti iniziatori. Coloro che mangiano e bevono e gioiscono della vita partecipano all’offerta. Coloro che sono felici, si nutrono con cura e amano l’amore, sono inni di gloria. Coloro che praticano l’ascesi, la carità, l’umiltà, la non violenza e la cui parola è verace, sono doni che vengono offerti. […]

XIX. Il Sole rappresenta il Principio supremo, dapprima non manifesto, poi manifesto. In principio questo universo era inesistente. Poi esistette, si sviluppò. Si trasformò in un uovo. L'uovo attese per il periodo di un anno. Poi si aprì. Metà del guscio divenne d'argento, l'altra metà d'oro. Ciò che era d'argento divenne la terra, ciò che era d'oro, il cielo. La membrana spessa del bianco divenne le montagne, la sottile membrana del tuorlo, la nebbia e le nuvole. I filamenti divennero fiumi, il liquido all’interno divenne l'oceano. Ciò che nacque allora fu Aditya, il sole. Alla sua nascita si udì un gran clamore e da questo clamore scaturirono tutti gli esseri e tutti i desideri. Per questo al suo sorgere e tramontare si sollevano immensi clamori. Tutti gli esseri e i loro desideri si elevano verso di lui. Coloro che venerano il sole in quanto Assoluto sentono continuamente suoni meravigliosi e sono pieni di gioia. […]

Quarto Adhyaya

XVI. Ogni azione che purifica ha il carattere di un’offerta rituale. Le sue due vie sono la mente e la parola. Colui che conduce l’offerta compie mentalmente tutta la cerimonia, mentre gli officianti e i cantori pronunciano le parole. Se dopo aver iniziato l'inno mattutino si interrompe prima del verso finale, egli non traccia che una via, l’altra è perduta. Come non si può camminare su una gamba sola, né un carro può procedere con una sola ruota, allo stesso modo l’offerta non può procedere. Il torto ricade sull’officiante, eseguire l’offerta in maniera difettosa è per lui un torto. Ma se, una volta, cominciato l’inno mattutino, l’officiante non si ferma prima della fine, allora le due vie sono tracciate, non ne manca una. Come ci si regge camminando sulle due gambe, o un carro procede su due ruote, così l’offerta prosegue senza ostacoli. Così colui che esegue l’offerta poggia su una base solida, l’offerta migliora la sua condizione.

XVII. Prajapati covò i mondi; covandoli ne trasse le essenze: Agni (il fuoco) dalla terra, Vayu (il vento) dallo spazio e Aditya (il sole) dal cielo.
Egli covò queste tre divinità; covandole ne trasse le essenze: il Rig-veda dal fuoco, il Yajurveda dall'aria e il Samaveda dal sole.
Egli covò la triplice conoscenza; covandola ne trasse le essenze: Bhur dal Rig-veda, Bhuvah dallo Yajurveda e Svah dal Samaveda.
Ecco perché se nel rituale vi è un difetto nella metrica, occorre fare un’offerta al fuoco domestico, Garhapatya, pronunciando il mantra: "bhur Svaha". Grazie all’essenza della metrica e alla natura del Rig-veda si ripara il difetto. Se nel rituale vi è un difetto nei contenuti, bisogna fare un’offerta al fuoco del Sud, Dakshina, pronunciando il mantra: "Bhuvah Svaha". Grazie all’essenza dei contenuti e alla natura dello Yajurveda si ripara il difetto. Se nel rituale vi è un difetto negli sviluppi, nei canti, si dovrebbe fare un’offerta al fuoco dell’Est, Ahavaniya, pronunciando il mantra: "Svar Svaha!" Grazie all’essenza degli sviluppi e alla natura del Samaveda si ripara il difetto. […]

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«Non c'era la morte allora, né l'immortalità. Non c'era differenza tra la notte e il giorno.
Respirava, ma non c'era aria, per un suo potere, soltanto Quello, da solo. Oltre a Quello nulla esisteva»
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Messaggio Da Eroe per Caso 11/5/2017, 23:05


Sesto Adhyaya

I. C'era un tempo Svetaketu Aruni. Suo padre Uddhalaka gli disse: “Pratica la brahmacarya presso un Maestro, che non vi sia nella nostra discendenza un brahmana senza conoscenza sacra”. Svetaketu divenne perciò un discepolo dall'età di dodici anni, studiò tutti i Veda ed all'età di ventiquattro anni tornò a casa, superbo, fiero della sua erudizione.
Suo padre gli disse: “Svetaketu, mio caro, tu sei ora superbo, fiero della tua erudizione.


 Ma hai mai chiesto di ricevere quell'insegnamento che permette di udire l'inudito, di pensare l'impensato, di comprendere ciò che non può essere compreso?”

“Com’è, signore, questo insegnamento?”

“Mio caro, è come se da un pezzo d'argilla si conoscesse tutto ciò che è fatto d'argilla, restando tutte le diverse modificazioni null’altro che distinzioni di nome e di linguaggio riguardanti una sola realtà, l’argilla; è come se in un ornamento di rame potessi riconoscere tutto ciò che è fatto di rame; e come se in un coltellino potessi riconoscere tutto ciò che è fatto di ferro (la distinzione è puramente verbale, è solo un nome, la realtà è `ferro') così, mio caro, è questo insegnamento”.
"Certamente i miei onorati maestri non sapevano questo; se infatti l'avessero saputo, perché mai non me lo avrebbero insegnato? Ma ti prego, signore, insegnamelo tu”. “Così sia, mio caro”.

II. All'inizio, mio caro, null’altro vi era che l’Essere (sat), senza dualità. Altri dicono: All'inizio vi era il Non Essere (a-sat), senza dualità; dal Non Essere nacque l'Essere. Ma, mio caro, come potrebbe essere possibile? Come può il Non Essere generare l'Essere? Al principio delle cose c’era l’Essere puro, senza dualità. L’Essere pensò: “Possa io diventare molti, possa io moltiplicarmi”. Creò il fuoco della mente (Tejas).

Questo fuoco pensò: “Possa io diventare molti, possa io moltiplicarmi”. E apparve l’Oceano. Ecco perché quando si ha caldo si traspira, l’acqua è prodotta dal calore. L’Oceano pensò: “Possa io diventare molti, possa io moltiplicarmi”. E fece nascere il cibo. Ecco perché quando piove vi è cibo in abbondanza. […]

VIII. Uddalaka, figlio di Aruna, disse a suo figlio Svetaketu: “Lascia che ti spieghi, mio caro, la condizione del sonno. Quando una persona dorme, essa è assorbita nell’Atman: perciò si dice che dorme, perchè è assorbita nell’Atman. Come un uccello legato con una corda, dopo aver svolazzato a destra e a sinistra senza trovare dimora, si posa infine sulla corda stessa, così la mente, dopo aver svolazzato a destra e a sinistra senza trovare dimora, si posa infine sul prana stesso; perché, mio caro, la mente è legata al prana.

Lascia che ti spieghi, mio caro, la fame e la sete. Quando una persona ha fame, è perchè l’acqua ha portato via ciò che la persona ha mangiato. Come si parla di guidare le vacche, i cavalli o gli uomini, così dell’acqua si dice che è ciò che “guida il cibo”. A questo proposito, mio caro, nota che il corpo è un germoglio che è spuntato, deve avere una radice. Che altro potrebbe essere la sua radice se non il cibo? E ancora, mio caro, il cibo a sua volta è un germoglio la cui radice è l’acqua. E l’acqua è un germoglio la cui radice è il calore. E il calore è un germoglio la cui radice è l’Essere. Tutte le creature hanno nell’Essere la loro radice, la loro dimora, il loro fondamento.

Ora, quando una persona ha sete, è perchè il calore ha portato via ciò che la persona ha bevuto. Come si parla di guidare le vacche, i cavalli o gli uomini, così del calore si dice che è ciò che “guida l’acqua”. A questo proposito, mio caro, nota che il cibo è un germoglio che è spuntato, deve avere una radice. Che altro potrebbe essere la sua radice se non l’acqua? E ancora, mio caro, l’acqua è un germoglio la cui radice è il calore.

E il calore è un germoglio la cui radice è l’Essere. Tutte le creature hanno nell’Essere la loro radice, la loro dimora, il loro fondamento. Di come ciascuna di queste tre divinità nell’uomo divenga triplice, mio caro, abbiamo già parlato. Quando una persona muore, la sua voce si ritrae nella mente; la mente si ritrae nel prana; il prana si ritrae nel calore; e il calore si ritrae nella più alta divinità. Ciò è l’Essenza più fine.

E’ l’Atman di tutto il mondo. E’ la Realtà. E’ l’Atman. E tu sei ciò. Questo è il Vero. Questo è l’Atman. Che tu sei, Svetaketu". "Ti prego, venerabile Signore, dammi di ulteriori istruzioni", disse il figlio. “Così sia, mio caro” rispose il padre.

IX. Come le api raccolgono il nettare di diverse piante e lo trasformano in miele, unificandone l'essenza, cosicché non è più possibile distinguere, “io sono il nettare di questa pianta, io sono il nettare di quella pianta”, così, mio caro, tutte le creature senza saperlo ritornano all'Essere.


Qualsiasi cosa siano qui sulla terra, tigre, o leone, o lupo, o cinghiale, o verme, o mosca, o tafano, o zanzara, esse sono ciò. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l’universo è costituito di Essa, Essa è la vera realtà, Essa è l’Atman, e tu sei quello (Tat Tvam Asi) o Svetaketu.

XIV. Una persona portata via dal paese di Gandhàra con gli occhi bendati e abbandonata in un luogo deserto può errare casualmente verso oriente, verso il settentrione o verso il meridione, poiché è stata portata via con gli occhi bendati ed è stata abbandonata con gli occhi bendati. Ma se qualcuno gli toglie la benda e gli dice: `Gandhàra è in quella direzione, va' in quella direzione!', allora, se è una persona sensata, può, chiedendo di villaggio in villaggio, ritornare a casa a Gandhàra.
Così su questa terra colui che ha un maestro sa che dovrà continuare finché non avrà raggiunto la conoscenza, la liberazione, ma poi arriverà a casa. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l’universo è costituito di Essa, Essa è la vera realtà, Essa è il tuo vero Atman, Essa sei tu o Svetaketu”. […]

Ottavo Adhyaya

I. OM! In questa città del Bráhman (che è il corpo) un sottile loto forma una dimora, dentro la quale vi è un piccolo spazio. Bisogna ricercare ciò che vi è dentro questo spazio (akasa), bisogna desiderare di conoscerlo. E se qualcuno domanda: “In questa città del Bráhman un piccolo loto forma una dimora nella quale vi è un piccolo spazio; che cosa essa racchiude che sia necessario ricercare, che occorra desiderare di conoscere?”. Bisogna rispondere: “Questo spazio che si trova all’interno del cuore è altrettanto vasto quanto lo spazio che abbraccia il nostro sguardo. L’uno e l’altro, il cielo e la terra, vi sono riuniti; il fuoco e l’aria, il Sole e la Luna, la folgore e le costellazioni, e tutto ciò che appartiene a ciascuno di loro in questo mondo e ciò che loro non appartiene, tutto ciò vi è riunito”.



E se qualcuno dice: “Se tutto ciò che esiste è riunito in questa città del Bráhman, tutti gli esseri reali e tutti i desideri, che cosa di loro rimane, allorché la vecchiaia la raggiunge o allorché essa viene distrutta?”. Bisogna rispondere: “Il Bráhman non è raggiunto da vecchiaia, non è colpito dal colpo che lo distrugge. Essa è la vera città del Bráhman: tutti i desideri in lei sono riuniti. Questo è l’Atman puro di qualunque peccato, libero da vecchiaia, da morte, da dolore, da sofferenza, da fame, da sete, i cui desideri sono tutti realtà.


Allo stesso modo che le creature in questo mondo si comportano seguendo una autorità, e tendono verso un particolare oggetto desiderato, scegliendosi un paese o una regione, in cui vivono. E come in questo mondo si consuma ciò che si è acquisito mediante le azioni, egualmente nell’altro mondo si consuma ciò che si è acquisito mediante le buone opere. Perciò coloro i quali passano per questo mondo senza riconoscere l’Atman e, per mezzo suo, i desideri che sono realtà inverata, costoro vivono in tutti i mondi senza potere ciò che vogliono. Ma coloro i quali, vivendo in questo mondo, riconoscono l’Atman e, per mezzo suo, la effettuazione dei desideri, costoro in tutti i mondi possono ciò che vogliono. […]

IV. Questo Atman è un ponte che unisce questi mondi per impedire di disperdersi. Né le notti né i giorni, né la vecchiaia, né la morte, né il dolore, né la sofferenza, né le buone né le cattive azioni possono attraversare il ponte.


Tutti i mali recedono da esso; perché il mondo del Bráhman è fuori dalla portata del male. Questa è la ragione per cui, attraversando tale ponte, la tenebra si tramuta in giorno. Perché il mondo del Bráhman non è che mondo di luce. Il mondo del Brahman appartiene a coloro che lo realizzano con la brahmacarya; per essi si realizza la libertà in tutti i mondi. […]

VII. “L’Atman liberato da ogni peccato, che non è sottoposto a vecchiaia, a morte, a sofferenza, a fame, a sete, i cui desideri ed i cui pensieri sono realtà, questo è ciò che bisogna cercare, è questo che bisogna desiderare di conoscere. Acquista tutti i mondi, realizza tutti i desideri, colui il quale raggiunge questo Atman e lo conosce”. Cosí parlò Prajapati. […]

Invocazione conclusiva

Om! Possano le diverse parti del mio corpo, la mia lingua, il prana, gli occhi, le orecchie e la mia forza e anche tutti gli altri organi di senso essere nutriti! Tutto, infatti, è Brahman, come viene dichiarato nelle Upanisad. Possa io mai negare Brahman! Possa Brahman non essere mai negato da parte mia! Possa non essere mai smentito da parte mia! Possano tutte le virtù descritte nelle Upanisad essere vicine a me, che mi dedico all’Atman! Sì, possano tutte essermi vicine! Om! Pace! Pace! Pace!

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«Non c'era la morte allora, né l'immortalità. Non c'era differenza tra la notte e il giorno.
Respirava, ma non c'era aria, per un suo potere, soltanto Quello, da solo. Oltre a Quello nulla esisteva»
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Messaggio Da Eroe per Caso 11/5/2017, 23:31

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